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Daniele Biella «Ho incontrato 4.000 alunni e abbiamo parlato di immigrazione»

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Nelle aule delle scuole italiane parlare di immigrazione non è qualcosa di ordinario. Che ad affrontare il tema sia un giornalista con esperienza, che ha visitato Lesbo o che è stato a bordo di una nave di SOS MEDITERRANEE, diventa allora ancor più straordinario. Ma, in Brianza, è successo spesso e succederà ancora, grazie al progetto Con altri occhi della cooperativa Aeris. Uno dei protagonisti di questo intervento è Daniele Biella. Nel doppio ruolo di educatore e giornalista, lo scorso anno, ha varcato la porta di oltre 180 classi di elementari, medie, superiori. E, dopo essersi confrontato con oltre 4mila alunni, non vede l’ora di ricominciare.

“In provincia di Monza – racconta entusiasta a La Città Nuova – Aeris gestisce sia servizi educativi per studenti sia progetti di accoglienza per migranti. Dall’unione di queste due attività è nata l’esigenza di offrire alle scuole anche percorsi di formazione sul tema immigrazione, sostenuti da risorse interne della cooperativa e quindi completamente gratuiti per gli istituti. Che, infatti, hanno risposto in gran numero”. Educatore di lungo corso, Biella è anche giornalista di Vita.it e autore di due libri, entrambi dedicati all’immigrazione. Il primo è Nawal, l’angelo dei profughi. Il secondo, L’isola dei giusti – Lesbo, crocevia dell’umanità, è uscito prima dell’estate 2017 e racconta le storie di sette abitanti che a Lesbo hanno aiutato volontariamente le centinaia di migliaia di profughi sbarcati tra il 2015 e il 2016 sulle coste greche. Sono esperienze come queste, o come la più recente navigazione sulla nave Aquarius dell’ Ong SOS MEDITERRANEE, che Daniele porta in classe, suscitando in bambini e adolescenti reazioni mai banali.

“Mi piace questo lavoro – continua Daniele – perché, coi bambini, ci devi mettere la faccia, tutto viene messo in discussione, niente è scontato”. Il progetto si articola in due momenti: un primo incontro introduttivo solo con Biella e un secondo al quale partecipano alcuni richiedenti asilo o rifugiati, solitamente al termine dei loro percorsi di inclusione, spesso residenti proprio nei comuni dove hanno sede le scuole. “I bambini sono spontanei e ripetono molti dei luoghi comuni più diffusi e sbagliati. Fanno domande, senza filtro. Ho sentito chiedere perché i migranti avessero gli smartphone o perché dessero le case a loro e non ai terremotati”, spiega ancora Daniele. “L’aspetto più rilevante è che, dando loro risposte dirette e concrete, si riesce a creare empatia, una relazione orizzontale, dentro la quale il migrante non è né il nemico né il poverino. E le restituzioni sono notevoli: ho sentito parecchi ragazzi dire di aver cambiato idea al termine dei due incontri e so persino di alcuni che hanno esortato i genitori a dare un passaggio in auto al rifugiato che avevano conosciuto , tanto erano entusiasti”. Insomma, c’è da che essere ottimisti. Biella ne è convinto. “La presenza nelle classi di molti compagni di origine straniera, rende la scuola un luogo di incontro ben più avanti della società nel suo complesso. Come Istituzione, invece, rimane indietro. Affrontare il tema immigrazione è una libera scelta degli insegnanti: alcuni promuovono iniziative splendide, altri nulla. Detto questo, la maggioranza dei docenti l’ho trovata aperta e disponibile nei confronti del nostro progetto”.

Con il nuovo anno scolastico, quindi, la voglia di ricominciare è tanta. Perché tanto è il lavoro da fare. “Penso che, prima o poi, l’arrivo di persone da altri paesi diventerà la normalità, accettata da tutti. Alcuni anni fa, pensavo che il processo fosse più veloce e, invece, credo che la crisi economica abbia complicato le cose. Ci vorrà un po’ più di tempo e un po’ più di impegno. Per questo è tanto importante cominciare fin dalle scuole”.


La foto in apertura è di Silvia Mattolini


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